Tratto dal Libro "Mai visto un leopardo .. tutto il resto sì"
"Da queste parti l’amaca è la sistemazione preferita dai viaggiatori con un budget limitato che alloggiano negli ostelli ed è anche il modo migliore per dormire quando si fanno escursioni nella foresta, perché la tenda non serve: fa caldo anche di notte e se piove (come capita spesso) non ci sono problemi, perché i campi sono attrezzati con ampie tettoie.
Potrebbe sembrare alquanto scomodo dormire una notte intera in un’amaca: stare tutti curvi in un pezzo di stoffa che ti avvolge come una buccia di banana, fa venire mal di schiena solo a pensarci. In realtà è una semplice mancanza di conoscenza delle corrette istruzioni d’uso. Noi europei abbiamo un’idea del tutto sbagliata su come distendersi in un’amaca, generata anche dal fatto che da noi si trovano amache strette, spesso fatte di rete: nelle vere amache, ampie e di stoffa robusta, non ci si deve sistemare nel senso della lunghezza, ma in larghezza. In questo modo la stoffa sta ben tesa sotto il corpo e si dorme quasi come su un materasso, rigirandosi tranquillamente. Inoltre, nella foresta c’è il vantaggio di stare sollevati da terra, che è umida e percorsa da piccoli insetti (le formiche possono essere veramente infestanti, se disturbate). Oddio, a volte non molto piccoli, ci sono pure tarantole grosse come un pugno, che schizzano fuori dalle loro tane con una velocità sorprendente!
Tra l’altro, non c’è neppure il problema delle punture degli insetti volanti, perché tutte le amache hanno la zanzariera. E’ curioso vedere questi campi in mezzo alla foresta, con file e file di amache una di fianco all’altra … sembra di vedere un allevamento di bachi da seta, chiusi nei loro bozzoli in attesa di diventare farfalle.
Il fiume che il nostro gruppetto internazionale (una decina fra italiani, spagnoli, tedeschi e venezuelani) sta percorrendo con le lance a motore si chiama Rio Caura. Sembra piuttosto tranquillo ma dicono che sia insidioso: ci sono mulinelli ovunque ed è difficile lottare contro la corrente.
Ogni tanto incontriamo qualche villaggio, dove facciamo una sosta. Ci sono un sacco di bimbi e una delle occupazioni più divertenti è tuffarsi nel fiume dagli argini di fango scivoloso. Piove spesso in questa stagione e il fiume cambia di livello anche piuttosto velocemente.
Viaggiare in barca sotto la pioggia battente non è propriamente comodo, anche perchè la temperatura si abbassa e con il vento sui vestiti bagnati fa quasi freddo … per fortuna, i barcaioli hanno grossi teli cerati che coprono sia i bagagli che noi.
Finalmente arriviamo al punto in cui non è possibile proseguire con le lance perché il corso del fiume è interrotto dalle rapide. Qui l’acqua crea un’ansa con una spiaggia e la gente del posto ha costruito un piccolo villaggio (chiamato giustamente El Playon), veramente bello: capanne e tettoie per le amache in legno, prati verdi curatissimi, fiori e orti. Il simbolo del villaggio è una statua di legno posta sulla spiaggia, chiamata “Il pensatore”: ritrae una sagoma umana in una posa riflessiva. E c’è pure una simpatica mascotte: un cucciolo di capibara, orfano di madre, che è stato adottato dagli abitanti. Ha le dimensioni di un cane di media taglia ma ha l’aspetto di un grosso castoro dal pelo ispido ed emette una specie di flebile belato. E’ molto affettuoso e non appena ti si avvicina inizia a succhiarti il pollice come un bimbo piccolo !
Uno dei ragazzi spagnoli, tentato dalla placidità e dall’ampiezza del fiume in questo punto, decide di farsi una nuotata. Poco dopo lo vediamo in evidente difficoltà: non riesce a tornare a riva a causa della corrente. E dire che ha un fisico resistente, in Spagna è campione di decathlon … ma il fiume è veramente pericoloso. Dopo attimi di vero panico (non abbiamo la nostra lancia in questo momento e quelle a remi sono inutili contro la forte corrente), per fortuna viene trovata una barca con il motore e il nostro incauto nuotatore viene recuperato.
Decide subitaneamente che il salvataggio va festeggiato come una seconda nascita e quindi annuncia a tutti un po’ di baldoria per la sera.
Nel frattempo, facciamo un’escursione all’interno della foresta, per vedere le cascate alle quali arriva il corso alto del fiume.
La guida, che è venuta con noi da Ciudad Bolivar, sarebbe un professore d’inglese ma cerca di guadagnarsi da vivere accompagnando in giro i turisti. Conoscendo lo spagnolo, posso parlare con lui anche di cose non strettamente legate all’escursione. E’ uno che non si fa molti problemi a dire che la situazione del Paese è molto critica, nonostante le enormi ricchezze naturali che ci sono. Chavez – onnipresente negli slogan celebrativi scritti sui muri di ogni città del Paese - a quanto dice lui è stato rieletto grazie al fatto che in Venezuela il voto è elettronico e quindi è possibile risalire a chi ha votato chi … in questo modo, si possono ricattare le persone: o voti per Chavez o ti trovi senza lavoro.
Ci strappa una risata un po’ amara quando racconta che i politici nelle manifestazioni proclamano sempre a gran voce “No all’imperialismo !” e poi vanno con tutta la famiglia in vacanza a Disneyworld, in Florida e te li vedi nelle foto con le orecchie di Topolino.
Mentre torniamo verso il villaggio, sullo stretto e ripido sentiero in mezzo alla foresta incontriamo prima delle donne cariche di masserizie e bambini portati a tracolla, poi addirittura degli uomini che stanno trasportando a braccia una barca e il relativo motore. Ci raccontano che stanno andando a cercare oro nelle regioni a monte, perché dove vivono loro non c’è più modo di tirare avanti. Sanno bene che rischiano la vita, perché la legge prevede che solo chi è di quelle zone possa cercare l’oro e quindi gli abitanti del posto minacciano di chiamare l’esercito. Ma ci dicono con aria sconsolata che rimanere nei loro villaggi sarebbe comunque una condanna a morte, per cui almeno provano a cercare una nuova vita.
Non posso fare a mene di riflettere sul fatto che al mondo ci sono tanti Paesi pieni di risorse naturali ed anche lì, come qui, tanta, troppa gente si ritrova a vivere di stenti. Possibile che non ci sia modo di fare godere delle ricchezze di un luogo coloro che ci vivono, invece che le multinazionali straniere ?
Cerco di scacciare questi pensieri a cui non posso dare risposta, mentre arriviamo al villaggio. Almeno qui le persone hanno di che vivere mantenendo intatto l’ambiente naturale, grazie anche ad un turismo non invasivo come il nostro.
A sera, ha inizio la festa della “nuova nascita” del nostro amico spagnolo. Il piccolo bar serve coca e rum ai turisti e agli equipaggi delle barche. Gli abitanti del villaggio, invece, se ne stanno in disparte ad osservare la cagnara che stiamo facendo, man mano che il livello dell’alcool sale.
Poi, su richiesta degli uomini degli equipaggi, viene messa della musica latinoamericana e quindi partono anche le danze, a piedi nudi sull’erba umida del prato. In men che non si dica, mi ritrovo con una fila di ballerini in attesa di un giro di merengue !
Pura vida ! So che questo modo di dire venezuelano va tradotto in “Alla grande!” (che si attaglia pure bene), ma dopo tutto quello che ho visto e vissuto qui, mi pare che possa andare perfettamente anche il significato letterale: pura vita. E nient’altro."