Racconto "acquoso"

Giovanni era ispettore di polizia e quel martedì non era cominciato bene, aveva dormito poco e male ma una chiamata urgente lo aveva fatto muovere in fretta, del resto, nel suo mestiere bisognava aver mantello per ogni acqua. Certo non si doveva lasciar passare acqua sotto i ponti perché più passava il tempo più le indagini si complicavano.

Arrivò a destinazione presto. Un palazzo molto elegante e , nell’attico, gli agenti stavano già lavorando anche se purtroppo portavano l’acqua quando la casa era già bruciata.

Lo accompagnarono nella camera . Sul letto il corpo di una bella donna in posizione scomposta senza alcuna ferita visibile. Soffocata, dichiarò il medico legale. La guardò bene e gli parve un viso conosciuto, ma sì, somigliava come una goccia d’acqua a Loredana, una sua ex-compagna di liceo. Era una ragazza della più bell’acqua, simpatica, generosa, non era certo un’acqua cheta,  riusciva sempre a sbrogliarsela in ogni situazione. Certo, non era il tipo da affogare in un bicchier d’acqua. Bravissima in matematica, ma, nell’espressione linguistica, si sentiva come un pesce fuor d’acqua. Si erano aiutati reciprocamente.

Si ripromise di trovare il colpevole della sua morte e, per evitare di trovarsi in acque basse iniziò subito a prendere informazioni. Venne così a sapere che era stata sposata a lungo con un ricco gioielliere della città e che era separata da qualche anno.

Negli ambienti in cui era conosciuta si sapeva che il marito aveva una giovane amante. Loredana, che aveva lavorato nel negozio con lui, conosceva bene la sua situazione economica ed aveva cercato di ottenere il più possibile per evitare di trovarsi con l’acqua alla gola. Inoltre, poiché erano in comunione dei beni,  aveva incaricato un buon avvocato divorzista.

Giovanni era andato, per prima cosa, a interrogare il gioielliere. Trovò un bell’uomo distinto che, alla notizia della morte della ex-moglie, non si scompose più di tanto mostrò un dispiacere all’acqua di rose. Per la notte del delitto aveva un alibi: si trovava a casa con Dora, la sua nuova compagna.

A quanto sembrava aveva fatto un buco nell’acqua. Con gli indizi che aveva pareva che dovesse friggere con l’acqua. In quel momento proprio non sapeva che acqua bere però non poteva lasciar l’acqua alla china. Occorreva riflettere di nuovo su tutto e utilizzare solo le conoscenze utili senza gettar l’acqua sporca con il bambino dentro.

Decise di tornare a casa di Loredana per una perquisizione più approfondita. Non aveva tenuto acqua in bocca ed aveva raccontato di aver conosciuto la vittima, anche se era acqua passata non riusciva a tirar l’acqua al suo mulino e si sentiva il dovere di trovare il colpevole. Cercò quindi in tutti i più nascosti angoli della casa.

In uno spazio, celato nel doppio fondo di un cassetto, trovò dei quaderni pieni di conti precisi ed ordinati. Era proprio la scrittura della donna, la riconosceva. Quanti biglietti con la soluzione degli esercizi aveva ricevuto!!! Poi un diario, il suo diario. Certo che aveva imparato ad esprimersi!!!

Voleva ancora molto bene al marito e negli ultimi mesi c’era stato un riavvicinamento. Nonostante la nuova compagna aspettasse un figlio, lui frequentava l’ex- moglie e le aveva giurato di amarla, di essersi sbagliato e di voler tornare con lei. Così aveva portato l’acqua al mare, e, lavorando sott’acqua, si era tenuto fra le due acque.

La sera prima della sua morte Loredana lo aspettava per passare la notte con lui.

Caspita, Giovanni aveva proprio bevuto l’acqua di Fontebranda!!!

Il gioielliere si era fabbricato un alibi che credeva inattaccabile nel tentativo di recuperare beni e denari, ma era andato sott’acqua per scansar la pioggia ed adesso bisognava solo smontarlo pezzo per pezzo.

Con quella perquisizione accurata, finalmente, aveva gettato acqua sul fuoco dell’incertezza e mantenuto la promessa di trovare il colpevole.

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