Giù la piazza c'è il mercato (esercizi di stile)



Personale

 

La nebbia non si era ancora dissolta quella domenica mattina, quando lei uscì con il cane. Nella piazza si vedevano per il momento soltanto due o tre bancarelle, intorno alle quali si affaccendavano senza convinzione una decina di persone infreddolite. Era ancora troppo presto, gli altri mercanti di paccottiglia pseudo antica sarebbero arrivati verso le nove e allora la piazza si sarebbe animata, di curiosi più che di compratori. Lei comunque non sapeva resistere al richiamo di una qualsivoglia mercanzia e trascinò il cane riluttante per un primo sopralluogo esplorativo.

 

Scolastico

 

Ogni ultima domenica del mese, nella piazza del mio paese, fanno il mercatino delle cose usate che alla mia mamma piacciono tantissimo, anche se io non capisco cosa ci trovi in quella roba vecchia. Lei ci fa sempre due o tre giri con la scusa di portar fuori il cane che in realtà non vuol saperne, specialmente quando fa freddo, e poi è un fifone e ha paura di incontrare cani più grossi di lui. Alla fine compra sempre qualcosa e poi lo fa vedere al babbo che ogni volta le dice: “Ci serviva?”.

 

Burocratico

 

Il Comune di P. dispone che, a partire dal mese di novembre 2010, ogni ultima domenica del mese abbia luogo nella piazza della frazione di S. un mercato dell’usato con un numero massimo di banchi 10. I commercianti interessati dovranno richiedere specifica autorizzazione alla locale sede dei Vigili Urbani. Cani e altri animali dovranno essere tenuti al guinzaglio. Ogni tipo di schiamazzo sarà perseguito a termini di legge.

 

Letterario

 

(Ernest Hemingway)

La piazza era quasi vuota. Nebbiosa. Robert decise di uscire per smaltire quello che aveva bevuto la sera prima. Chiamò il cane. Era un povero bastardo che si avvicinò riluttante. Dall’altra parte della plaza la fiesta stava per cominciare.

 

(Gabriel Garcia Marquez)

Quando la pioggia cessò, il paese rimase avvolto in una nebbia corposa, un mantello umido e grondante che avvolgeva le case, penetrava tra le gambe, putrefaceva le coperte.

Una domenica mattina, sotto gli alberi della piazza, emerse da quella nebbia un girotondo di banchi sconquassati, materializzati nella notte, sperduti in una solitudine centenaria. Ombre dalle facce di pietra si muovevano lentamente, estraendo il contenuto di enormi ceste, bauli e casse. Un pappagallo impagliato, fucili arrugginiti della guerra civile, piatti con lo stemma del governatore, libri inzuppati di umidità che si sgretolavano tra le mani, le molle di un caminetto che forse esisteva ancora dall’altra parte dell’Oceano, una feluca da ambasciatore, erano già disposti sui banchi. Il colonnello Buendia uscì nel patio e chiamò il cane.

 


(Marcel Proust)

Quando, alle otto del mattino di una domenica di novembre, fredda e brumosa, la domestica uscì nel cortile della casa, vide dall’altra parte della piazza, sotto i lecci che non perdevano le loro foglie coriacee, dure e scure, come essiccate, tre o quattro bancarelle dalla copertura di tela di Olona di un bianco sporco che emergevano dalla nebbia come ombre incerte e pensierose, come fantasmi del passato.

La giovane bretone chiamò, con voce sommessa per non svegliare gli abitanti della casa, il cagnolino di mademoiselle Adeline, una piccola creatura spirituale come una persona, sempre di buon umore, sempre amabile, sempre qualcosa di grazioso, gli mise il nuovo collare ricamato che mademoiselle aveva acquistato la sera prima in quella simpatica boutique di Place des Vosges e che era ancora avvolto in una carta velina color lilas, aprì il cancello, che cigolò sommessamente sui suoi cardini male oliati e si avviò insieme all’animale.

 

(Dolores Prato)

L’ho capito sotto le coperte. Me ne ero accorto perché il cancello aveva sbattuto, dunque la zia usciva.

La zia aveva detto: «Porto fuori il cane, non vedi che muore dalla voglia di uscire?». Ambiente non c'era intorno, visi neppure, solo quella voce. Cane, uscire, nessun significato, ma voglia sì, voglia voleva dire desiderio. Desiderai di essere fuori dal cancello e richiuderlo. Forse c’era il mercato o forse no.

Io però c’ero.

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