24 dicembre, vigilia di Natale.
Ore 14,30 circa. Sono appena rientrata da fare la spesa. Sperando di trovare una giusta dose di folla natalizia sono uscita subito dopo pranzo.
Squilla il campanello e dal tipo di suono capisco che qualcuno è qui, alla porta di casa. Mio marito rientra in cucina dalla terrazza con lo sguardo interrogativo a chiedere chi sarà. Non aspettiamo nessuno a quest’ora. Sicuramente qualcuno che scoccia.
Prima di aprire la porta alzo lo spioncino e sbircio fuori con un occhio. Attraverso lo spioncino le forme appaiono deformate come in un obiettivo grandangolare spinto. La persona sul pianerottolo mi si presenta a forma di cono rovesciato, in primo piano una grande testa di capelli arrotolati in bigodini tenuti insieme da una retina celeste, la figura poi si restringe alle spalle, ancor più ai fianchi fino a sparire all’altezza dei piedi.
E’ una donna.
Anziana.
Forse la signora del secondo piano che a malapena conosco per averla incrociate per le scale, si e no un paio di volte.
Apro e gentilmente le sorrido chiedendole cosa desidera.
Sono venuta a farle gli auguri di Buon Natale e così dicendo mi stampiglia un bel sorriso a trentasei denti. Abito al secondo piano e sto facendo gli auguri a tutti.
Manca poco mi lascio cascare sui piedi la cassetta dei mandarini che tengo fra le braccia. Ricambio il sorriso, poso la cassetta e l’abbraccio commossa ringraziandola con le lacrime agli occhi.
Come si chiama Signora? le chiedo.
Gioconda, mi chiamo Gioconda.
Ha un nome bellissimo, ambasciatore di gioia e piacere!
Grazie Gioconda, Buon Natale anche a lei!
Mi ha girato le spalle, portando il suo sorriso alla porta accanto.
Piccola donna fragile
Raggio di sole audace
Nascon prodigi dalla tua bocca
Oggi illumini un cuore
reso cieco dal buio.