Una mattina di questo freddo gennaio sto volando per il cielo sbirciando qua e là in cerca di minuzzoline di pane, bricioline di avanzi che cadono dalle tovaglie scosse, per mettere qualcosa sotto i denti e calmare il brontolio dello stomaco che, anche se è piccino, non mi dà tregua.
Ad un tratto un’ombra nera oscura la luce e mi copre come un sudario.
Alzo lo sguardo e vedo due ali grandi che volano sopra la mia testa e due occhi bianchi di gelo che mi osservano ipnotizzandomi.
Sono stato intercettato da un nibbio.
Il terrore si impadronisce di me.
Il cervello si offusca.
Gli occhi si annebbiano.
Comincio a perdere quota.
Sono perduto.
Un lampo di pensiero mi attraversa la mente: se voglio salvarmi devo rimanere lucido.
Viro e scendo in picchiata come risucchiato da un vortice, mi trovo sopra una terrazza.
La foga della caduta mi rende incosciente e scendo ancora sfiorando la testa imbiancata di un uomo che sta lucidando un paio di scarpe.
Frfrfrfrfrrrrrrrrrrr… Le ali impazziscono, sbattono l’aria, atterro disperato sotto un tavolino marca Singer, nell’angolo più remoto del terrazzo che, per fortuna è coperto da un telo verde che difende dal sole e dai nibbi a caccia di passerottini.
L’uomo spaventato dalla sventagliata sulla testa, alza gli occhi in su e vede il nibbio che vola ancora minaccioso nello spicchio di cielo sopra di lui.
Ma il grande uccello non ha il coraggio di un passerotto. Sa di aver perso la battaglia e, indispettito, riprende il volo verso le nuvole alla ricerca di una nuova preda.
Un respirone mi sfugge dal becco. Per oggi sono salvo.
Quando dentro di me il cuore torna a passeggiare, spicco di nuovo il volo lasciando il nascondiglio che mi ha salvato la vita.
Torno a disegnare ghirigori nell’aria e a farmi accarezzare le piume da questo venticello gelido di fine gennaio.
Vivo.
Quando:
gennaio 2010
Genere:
Cronaca