Barreto

 

<< Complimenti! Sei veramente bravo ! >> Il suono di una voce conosciuta mi fece voltare di scatto.
La signora Olga, mia vicina di casa, aveva rivolto queste parole ad un uomo che suonava il violino all’angolo della via. Era alto, di pelle leggermente scura e di aspetto gradevole, doveva avere circa quaranta anni ed era piuttosto ben vestito. 
Ero molto curiosa ma continuai a camminare ed entrai nel portone. Controllavo la cassetta della posta quando arrivò anche lei, la signora Olga.
Vedova, ottantenne, insegnante in pensione, in ottima situazione economica, era proprio un tipo speciale. Sottile, longilinea ma non ossuta, aveva il fisico elastico ed esercitato di chi non si trascura e non si lascia andare, anche con l’avanzare dell’età. Indossava un completo grigio-azzurro di ottima fattura e, come al solito, aveva un aspetto molto curato.
Io la trovavo simpatica e intelligente e stavo volentieri in sua compagnia ma gli altri condomini non la amavano perché esprimeva sempre le sue idee senza ipocrisia con un linguaggio corretto e preciso. Era anticonformista. Ma come, una anziana come lei che manifestava idee non convenzionali, a favore dell’aborto, della fecondazione artificiale, del testamento biologico, dell’omosessualità…!! Era un vero scandalo !!! E anche la sua passione per la musica! Andavano bene la lirica e la classica, consone all’età e adatte a una signora vedova e della sua condizione sociale. Ma la musica leggera anche troppo moderna, i gruppi americani…..e poi l’abitudine di cantare le canzoni degli anni venti come “Rose rosse”, “J’ai deux amours” e soprattutto “Vipera” che intonava con voce ben modulata.
Quelle melodie le ricordavano la madre a cui piacevano Anna Fouget, Josephine Baker e gli altri cantanti degli anni ’20-’30, epoca della sua giovinezza. Cantava le loro canzoni alla figlia, ancora in culla, come fossero una ninna nanna.
Con il passare degli anni quel ricordo era sempre più presente.
Spesso avevamo riflettuto insieme su questo argomento. Dopo una certa età, la memoria del passato si fa più vivida come se ripercorrerla consentisse di inquadrare nella giusta dimensione ogni avvenimento, come se si desiderasse “mettere tutto a posto”. Questo processo, che la signora Olga mi aveva descritto con lucida chiarezza, cominciava ad avvenire anche in me.                                                                   
Salutai con cordialità la signora che, subito, mi invitò a casa, a prendere un tè.
Avevo tempo, e potevo anche soddisfare la mia curiosità così accettai con piacere.
Pur vivendo sola Olga era capace di dare alla sua grande casa, un aspetto caldo e accogliente, ricco di colori e di vita. Entrammo nel tinello e, mentre preparava il tè, mi raccontò dell’uomo che suonava per la strada, cui aveva rivolto la parola.
Lo aveva incontrato altre volte, aveva parlato a lungo con lui. Sapeva che era creolo e veniva dall’arcipelago di Capoverde. Brava, l’isola su cui era nato, nel 1982, era stata investita da una tempesta tropicale che aveva provocato molte vittime e distrutto tutto.
A soli 14 anni, Barreto aveva perduto i genitori e le poche cose che possedeva, ed era rimasto solo con il nonno. Le già misere condizioni della sua famiglia non gli avevano consentito di frequentare a lungo la scuola. Il nonno gli aveva insegnato fin da piccolo, a suonare il violino e, dopo la distruzione, lo aveva portato con sé alla ricerca di un posto dove poter vivere.
Dopo vari spostamenti erano arrivati in Italia e il nonno era stato assunto in un ristorante come aiutante di cucina. Dopo aver regolarizzato la sua situazione lavorativa e l’affidamento del nipote, il nonno manteneva se stesso e Barreto con il lavoro e suonando il violino per i clienti del ristorante.
Il ragazzo cercava di aiutare il nonno mettendo in pratica la cosa che sapeva fare: suonare. Così erano andati avanti per anni. Il nonno era un uomo molto onesto ed aveva sempre impartito questo insegnamento al nipote, alla sua morte Barreto era stato assunto al suo posto e viveva sempre nello stesso modo, ma continuava a suonare il violino per la strada perché così aveva l’impressione di onorare il nonno.
La signora Olga amava molto la musica e intuiva in Barreto una vera grande passione e avrebbe voluto aiutarlo ma occorreva prima di tutto che imparasse a leggere. Si era accorta che il giovane possedeva alcune competenze indispensabili, ma bisognava dargli un aiuto più sistematico e organizzato ed era pronta ad offrirglielo con la consueta generosità.
Capivo il suo bisogno di avere uno scopo ma cercai di metterla in guardia perché temevo che potesse uscire delusa da un’esperienza negativa.
In realtà ero diffidente nei confronti di un estraneo che avrebbe potuto approfittare di una persona di una certa età.
Per un periodo abbastanza lungo ebbi solo occasionali notizie dai vicini e proprio queste mi spinsero a farle visita. La trovai molto contenta e soddisfatta di sé e subito mi mise al corrente delle novità.
Barreto aveva accettato con entusiasmo l’offerta di aiuto e Olga aveva chiesto la collaborazione di Martina. Anche Martina un’altra vicina, era tipo difficilmente inseribile in una qualsiasi categoria. Trentottenne, nubile, laureata, viveva ancora in famiglia,e ancora divideva la camera con la nonna. Da circa quattro anni aveva un fidanzato che abitava lontano, non ricordavo dove, ma almeno a trecento chilometri di distanza, e si vedevano esattamente ogni quindici giorni, senza sorprese, né iniziative, né, tanto meno, slanci. Non sapevo se mi faceva pena o rabbia. Stranamente Martina aveva accettato chissà, diceva Olga, poteva essere un inizio di presa di coscienza. Tutto stava procedendo molto bene e Barreto era davvero un allievo molto intelligente e l’aveva incoraggiato a sostenere gli esami. Olga pensava di offrirgli ospitalità per consentirgli di prepararsi meglio.
Non dissi niente e, senza fare commenti, la salutai pensando, però, di controllare come si sarebbero svolti i fatti.
Nel periodo seguente andai frequentemente a trovarla e incontrai anche Martina. Non sembrava la stessa persona.
Era una brunetta non troppo alta e non propriamente insignificante, mi aveva sempre colpito, però, l’espressione un po’ spenta del suo sguardo. Adesso il suo volto era vivace, gli occhi luminosi, come se stesse scoprendo che la vita può riservare anche qualcosa di piacevole. Non riuscii a fare a meno di farle i complimenti per il cambiamento. Mi rispose che conoscere Barreto le aveva fatto capire che non per tutti la vita era facile, ma che non era sicuramente noiosa, e bisognava cogliere i suoi aspetti migliori. Perciò stava seriamente riflettendo sul suo modo di vivere e si proponeva di dargli una svolta in altra direzione. Fui piacevolmente sorpresa e ne parlai con Olga che ne era felice e si attribuiva in parte il merito di aver contribuito a questo cambiamento. Sembrava che tutto si stesse mettendo nel modo giusto. Olga aveva conosciuto anche il fidanzato di Martina e le sembrava una persona un po’ rigida e priva di vitalità ma non disperava. Il mutamento della ragazza poteva influire positivamente anche su di lui.
Dopo qualche settimana cominciai cogliere strani sguardi ed a sentire mezze parole. Nessuno mi diceva cosa era successo. Andai a trovare Olga e la vidi molto depressa, ma non ebbe problemi a raccontarmi tutto, come si confaceva al suo carattere aperto.
Il fidanzato di Martina, non solo non aveva dato segni di cambiamento, anzi aveva sviluppato una irragionevole gelosia nei confronti di Barreto, attribuendo a lui la colpa del cambiamento della fidanzata. Però, invece di parlarne, aveva cercato di mettere nei guai il capoverdiano, nella speranza di toglierlo di mezzo. Così, dopo aver studiato le abitudini di Olga, aveva fatto sparire dei gioielli di valore che erano in casa. Quando se ne era accorta e dopo averli cercati in tutti i luoghi possibili, Olga aveva fatto qualche domanda a Barreto, che viveva ormai in casa. Questi aveva risposto di non saperne niente ma aveva capito che Olga sospettava di lui.
I gioielli non erano importanti, le interessava soprattutto il rapporto che aveva instaurato con il giovane. Gli aveva creduto e non aveva fatto nessuna denuncia ma Barreto, ringraziandola per tutto quello che aveva fatto per lui, se ne era andato perché, aveva detto, che non poteva rimanere se la fiducia era finita.
Dopo qualche giorno, in un cassetto del tinello erano ricomparsi i gioielli e quasi contemporaneamente aveva ricevuto una visita di Martina. La ragazza le aveva raccontato che aveva avuto dei sospetti sulla colpevolezza del fidanzato per le sue continue domande e le insistenze perché convincesse Olga a fare denuncia. E poi, visto che la donna era decisa a non dar seguito alla cosa, aveva proposto, lui che non ne aveva piacere, di andare a trovare l’anziana signora.
Martina lo teneva d’occhio e lo aveva visto mettere nel cassetto un fagotto. Adesso era tutto chiaro e lei era pronta, se Olga voleva, a rendere testimonianza, intanto, naturalmente, era disgustata e aveva lasciato il fidanzato senza nessun rimpianto. Però il rapporto con Barreto si era irrimediabilmente guastato e per Olga si era incrinata la fede nelle proprie idee che la avevano sempre resa sicura di sé.
Era difficile accettare che, anche lei alla prima occasione avesse dimostrato di essere uguale a tutti gli altri, a quelle persone che aveva sempre disprezzato per il modo di pensare intollerante. Rifletteva che il suo era stato l’atteggiamento che più incute timore. Quel sottile rifiuto del “diverso” non dichiarato ma nascosto, spesso inconsapevolmente, sotto un atteggiamento aperto. Quel “razzismo” che si manifesta solo quando il coinvolgimento è personale e non quando è vissuto da lontano. Era molto amaro per lei dover riconoscere questo in se stessa ed accorgersi di essere capace di avere pregiudizi.
Perché, fra tutte le persone che frequentavano la sua casa, pensare solo a Barreto ? Non era capace di perdonarsi il male che aveva fatto ad una persona che invece voleva aiutare, e a cui si era affezionata. Che cosa poteva fare? Le scuse le aveva già fatte e il giovane le aveva accettate, ma niente le avrebbe ridato la fiducia e il coraggio di fare lo stesso con sé stessa.
La mestizia di dover riconoscere questo la affliggeva enormemente e ormai, alla sua età, era tardi per cambiare. Si cambia veramente solo con l’esperienza e non c’era più tempo per fare esperienze. Vederla in quello stato d’animo mi fece molto male. Le dissi che non era vero, che si poteva cambiare a qualsiasi età pur di essere disponibili a farlo. La salutai ma ero sicura che una persona valida come lei non avrebbe indugiato a lungo in pensieri tristi e passato il momento di depressione avrebbe cercato di risolvere il problema.
Però, l’analisi che aveva fatto era giusta e ci pensai molto. Era proprio vero che anche le persone meno chiuse e più disponibili ad accogliere gli altri possono avere pregiudizi ingiustificati.
Il cambiamento della nostra società è stato così rapido che ci ha portato, in breve tempo, ad avere contatti con tante persone e molti non si accorgono nemmeno di essere prevenuti nei confronti di chi non è “uguale”. Ovviamente non mi riferisco al “razzismo” becero o dichiarato vergognosamente, ma alla diffidenza nei confronti di chi ha usi, costumi, abitudini diverse.
Ognuno di noi dovrebbe individuarla in se stesso e cercare di superarla attraverso l’approfondimento della conoscenza degli altri.
Basta osservare come i giovani siano disponibili ad accogliere tutti fondando solo sulle affinità e superando le differenze che sono sempre presenti.
Possiamo imparare da loro perché. in questo, possono essere nostri maestri e anche quelli di noi di una certa età, che si sentono un po' "fuori posto", si sentiranno più adeguati.

 

 

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