Cammino da sola,
senza far caso al rumore del traffico,
che come uno sciame mi ronza all’orecchio.
Dove la strada restringe, c’è un punto preciso che segna il confine al tempo che corre.
L’incantesimo avviene se il traffico cessa;
allora, un silenzio stupito inusuale,
trasforma la via in palco teatrale.
Sapiente il maestro che i suoni dirige liberando le note dal pentagramma,
ognuna al suo posto fa il verso assegnato:
un portone che sbatte, un campanello che suona,
un cane che abbaia, un uccello cinguetta,
l’ortolano che fischia “violino tzigano” sottobraccio una cesta.
Chiudo gli occhi e mi fermo per non inciampare:
affiora alla mente un antico ricordo
Nella cartella
pane
frittata
occhiali da vista;
per non farmi vedere da chi è alla finestra
li metto sul naso svoltato l’angolo
e felice alla scuola mi avvio
per farli vedere alla maestra.