La strada si arrampica sul monte, talvolta temi che la macchina non ce la farà a salire, nemmeno innestando la prima.
Mentre sali pensi a come un uomo possa immaginare di creare una scuola tra queste strette pareti di monti, che sembrano volerti schiacciare al suolo per non farti arrivare alla meta.
E’ un’accecante giornata estiva, le piante e la terra chiamano acqua.
Un gruppo di macchine soffoca il piccolo piazzale della chiesa, un altro solleva polvere di terra nello spiazzo di sotto.
Due antichi allievi ci accolgono nei locali che fu un tempo la scuola dei poveri, voluta da Don Lorenzo Milani e ci raccontano quella che fu la loro esperienza scolastica.
Gli strumenti di studio, i tavoli, le sedie tutto fu fatto con le loro mani sotto la guida di Don Lorenzo, che con il suo metodo d’insegnamento mirava soprattutto a far ragionare le menti, più che a colmarle di informazioni e di dati.
La macchina fotografica scivola sulle pareti , scruta con interesse ogni oggetto, gira dentro gli scaffali, sulle mensole dove ogni cosa parla di cultura, di sapienza, di crescita intellettuale.
La scuola di Barbiana fu una piccola comunità autosufficiente, vi era il forno, la falegnameria, perfino una minuscola vasca all’aperto, perché Don Milani voleva che i suoi ragazzi potessero imparare anche a nuotare.
In questo luogo si percepisce ancora la fatica, il freddo sofferto, la fame patita, la determinazione nel voler raggiungere lo scopo prefisso, le sconfitte brucianti, le vittorie esaltanti, la vita nella sua essenza più vera e nella sua più alta espressione.
Cento metri più in basso spingo il cancello di un cimitero tra i castagni e gli abeti.
Don Lorenzo Milani riposa qui nella solitudine di questi boschi, un uomo che ha saputo dare un senso alla vita, che ha creduto ciecamente che la cultura, la bellezza e la scienza non sono gioielli da tenere in cassaforte, ma tesori da distribuire a tutti, affinché possa realizzarsi la vera emancipazione dell’umanità.